domenica 30 gennaio 2011

Beatitudine





Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 5,1-12.

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.




Possiamo essere così certi della Presenza di Cristo 
da vivere ogni momento gioiosi, lieti e beati.
Vestiamo una risata!


       

Ridicolosità





"Troppo spesso la serietà è orgoglio"

Dicono che si ride per sciogliere la tensione o per le situazioni inaspettate.
Beh, quando penso a tutte le figure ridicole che faccio mi viene inevitabilmente da ridere, e questo perchè mi riconosco piccola, umile e ridicola di fronte a tante cose grandi e tutto sommato son felice di esserlo: sono così e Dio mi ama lo stesso.

  

sabato 29 gennaio 2011

Senso e desiderio





Il senso della vita? Cristo. ovvero:
Tutta la mia umanità ha un grido a cui Lui può rispondere. Il senso religioso, quella spinta a cercare oltre la realtà, quell'acuirsi del sentire, del volere, del vivere, quel desiderio di libertà, di amore e di felicità, ne è la prova. Come il bambino dopo aver assaggiato la torta la vuole mangiare tutta, così l'incontro con Cristo rende più consapevoli del desiderio e lo acuisce, perchè è l'incontro con Colui che può soddisfarlo.

  

venerdì 28 gennaio 2011

Oggi è San Tommaso!

Evviva evviva! Protegga questo blog che cerca, come fece Lui, di parlare bene del Cristo!

...Semplicemente, come uno di quei fatti che hanno grande rilievo nella storia, va detto che san Tommaso fu un uomo grandissimo, che riconciliò la religione con la ragione, che la ampliò in direzione della scienza sperimentale, che ribadì che i sensi sono le finestre dell’anima e che la ragione ha il diritto divino di nutrirsi di fatti, e che è compito della fede digerire la dura carne della più forte e concreta tra le filosofie pagane. E’ un fatto, paragonabile alla strategia militare di Napoleone, che l’Aquinate combatteva così per tutto ciò che è liberale e illuminato, se lo si confronta coi suoi rivali, o anche coi suoi successori e con quanti lo hanno sostituito...


Gilbert Keith Chesterton


   

Una dolce melodia



William Shakespeare, Il mercante di Venezia, atto V, scena I

Gessica -
Non mi riesce mai di stare allegra
quando ascolto una dolce melodia.

Lorenzo -
È perché la tua anima è protesa
tutta quanta all'ascolto. Osserva infatti
una selvaggia mandria di torelli
in foia, o un branco di puledri bradi
saltellare sfrenati, e mugghiar alto,
come li mena il loro sangue caldo...
se appena sentano un suon di tromba,
o una musica giunga al loro orecchio,
li vedrai arrestarsi tutti insieme,
il loro occhio selvaggio convertito
in uno sguardo docile e mansueto
per il dolce potere della musica.
Perciò il poeta immaginò che Orfeo
potesse smuovere con la sua lira
alberi, pietre, fiumi:
perché nulla è sì duro ed insensibile,
e imbevuto di rabbia
cui la musica, almeno nell'ascolto,
non riesca a mutare la natura.
L'uomo che non ha musica nell'animo
né si commuove alle dolci armonie,
è nato ai tradimenti, alle rapine,
al malaffare, ha foschi e tenebrosi
come la notte i moti dello spirito
e più neri dell'Erebo gli affetti.
Mai fidarsi di uomini siffatti.
Ma ascoltiamo la musica.
   
  

La clemenza



William Shakespeare, Il mercante di Venezia, atto IV, scena I



La clemenza per sé non mai soggiace
a costrizione; essa scende dal cielo
come pioggia gentile sulla terra
due volte benedetta:
perché benefica chi la riceve
come chi la dispensa. Presso i grandi
più che altrove potente, del monarca
adorna il capo meglio d'un diadema;
ché se lo scettro è segno
della terrena sua forza e potere,
attributo d'altezza e maestà,
ma anche sede della soggezione
e del timore che ispirano i re,
la clemenza è potere che trascende
la maestà scettrata,
il suo trono è nel cuore dei sovrani,
è un attributo dello stesso Dio;
e al potere di Dio quello terreno
si fa simile quando la clemenza
mitiga in esso il rigor della legge.
Perciò, Giudeo, se pur la tua pretesa
sia conforme alla legge, pensa a questo:
che nessuno di noi si salverebbe
se giudicato secondo giustizia.
Preghiamo Dio invocando clemenza,
e ciò ci deve tutti ammaestrare

a infondere clemenza nei nostri atti.

   

giovedì 27 gennaio 2011

Sul giudicare




Giovanni 4, 11-12
"Non sparlate gli uni degli altri, fratelli. Chi sparla del fratello o giudica il fratello, parla contro la legge e giudica la legge. E se tu giudichi la legge non sei più uno che osserva la legge, ma uno che la giudica. Ora, uno solo è legislatore e giudice, Colui che può salvare e rovinare; ma chi sei tu che ti fai giudice del tuo prossimo?"

Si giudicano i fatti, non le persone. Puoi giudicare l'azione compiuta da una persona, ma non la persona stessa: ogni uomo è un universo, una perla preziosa che solo Dio conosce fino a fondo e che egli ama. Come ti permetti di giudicare uno amato da Dio? Ogni uomo ha un'immensità dentro di sé. Se lo giudichi lo riduci al suo difetto, a ciò che ha fatto, a ciò che può aver sbagliato, ma che non compromette il suo essere una grande cosa. Ti accorgi di quanto male fai giudicando l'altro? "Se mi etichetti mi annulli".


    
    

Una scala verso Dio

"
...
Ella, mentre cadea, la voce afflitta
      movendo, disse le parole estreme;
      parole ch'a lei novo un spirto ditta,
      spirto di fé, di carità, di speme:
      virtù ch'or Dio le infonde, e se rubella
      in vita fu, la vuole in morte ancella.

66      "Amico, hai vinto: io ti perdon ... perdona
      tu ancora, al corpo no, che nulla pave,
      a l'alma sí; deh! per lei prega, e dona
      battesmo a me ch'ogni mia colpa lave."
      In queste voci languide risuona
      un non so che di flebile e soave
      ch'al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza,
      e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza.

67      Poco quindi lontan nel sen del monte
      scaturia mormorando un picciol rio.
      Egli v'accorse e l'elmo empié nel fonte,
      e tornò mesto al grande ufficio e pio.
      Tremar sentí la man, mentre la fronte
      non conosciuta ancor sciolse e scoprio.
      La vide, la conobbe, e restò senza
      e voce e moto. Ahi vista! ahi conoscenza!

68      Non morì già, ché sue virtuti accolse
      tutte in quel punto e in guardia al cor le mise,
      e premendo il suo affanno a dar si volse
      vita con l'acqua a chi co 'l ferro uccise.
      Mentre egli il suon de' sacri detti sciolse,
      colei di gioia trasmutossi, e rise;
      e in atto di morir lieto e vivace,
      dir parea: "S'apre il cielo; io vado in pace."
"

Torquato Tasso, La Gerusalemme liberata, canto XII, ottave 65 - 68


    

Tutti pazzi on road



"E quale è di pazzia segno più espresso
 che, per altri voler, perder se stesso?"


Ludovico Ariosto, l'Orlando furioso, canto XXIV, ottava 1


   

domenica 23 gennaio 2011

Tasso e l'eleganza


Come sono belle le ottave del Tasso! Epiche, gloriose, affascinanti, narrano di amore e battaglia, Dio e uomo, e al mondo vi è poco altro degno di essere raccontato. Ai temi nobili ed eroici si aggiunge una scrittura piena di grazia ed eleganza: in un qualsiasi passo la lettura è vivace e semplice e anche solo per come è scritta gradevole. Le tante figure retoriche (ripetizioni, ossimori, allitterazioni...) non rendono pesante, esagerato il testo, cosa che invece ho percepito tante volte in poeti come Catullo (naturalmente :), ma anzi me lo rendono così gradito e inaspettato che lasciandomi cullare dai suoni tanto piacevoli che escono fuori dal libro, senza parafrasare (e qualche volta dunque senza preoccuparmi nemmeno di capirci qualcosa) vado avanti nella lettura, ottava dopo ottava. Fermarsi e capire quel che si legge, poi, è ancora meglio: dai suoni armoniosi e quasi matematici esce fuori un senso, un significato, una storia. Ben fatto: è raro trovare un poeta in cui l'abilità dello scrivere si affianca alla saggezza dei contenuti.

Canto l'arme pietose e 'l capitano
che 'l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co 'l senno e con la mano,
molto soffrí nel glorioso acquisto;
e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano
s'armò d'Asia e di Libia il popol misto.
Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi
segni ridusse i suoi compagni erranti.

     
     

venerdì 21 gennaio 2011

Il doctor Faustus si salverà?

Penso che molti vi abbiano discusso; nel mio piccolo ho letto una parte dell'opera di Marlowe a scuola, e fin da subito l'ho ammirata. A parte la sua eleganza e bellezza, simile a Shakespeare, sono stata estremamente affascinata dalla parte finale, l'ultima ora di Faustus. A una prima lettura era sorta in me una domanda: perchè Dio non lo salva? Dai versi era chiarissimo il desiderio di Faustus di salvarsi, di ricongiungersi a Dio:

"Salterò fino al mio Dio! Chi mi trattiene?
 Guarda, il sangue di Cristo che inonda il cielo!
 Una goccia e mi salvo! Mezza! Oh, Cristo!
 Non mi strappate il cuore perchè lo nomino!
 Ma io lo chiamerò!  [...]
 Mezz'ora è trascorsa; presto sarà la fine!
 Oh Dio,
 se non vuoi perdonare la mia anima,
 per amore di Cristo, che col suo sangue mi ha riscattato,
 fissa un termine ai miei tormenti. [...] "

Ma un'affermazione di mio fratello mi ha fatto pensare: lo ha fatto per paura? Il suo desiderio era unicamente quello di rifuggire la punizione?
Infine durante l'interrogazione di oggi di letteratura inglese un'affermazione della prof mi ha fatto capire meglio: essenzialmente la colpa del Faustus è quella di ricercare il perdono, ma di non crederlo possibile: la stessa di Giuda: Dio non può salvarmi.

"Ma dov'è! Se n'è andato! E lassù Dio
 stende il suo braccio e mi fissa arcigno:
 Colli e montagne, crollatemi sopra,
 nascondetemi all'ira di Dio tremenda!"

Peccato umano è il rigettare l'Infinita Misericordia di Dio

domenica 16 gennaio 2011

Questa pietra, non un'altra

"È dall'alto che si vede bene. Bisogna salire le scale della cupola fino all'anello interno e sovrastante la Basilica - quello che porta incisa la scritta "Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo aecclesiam meam". Da lì, dove si affacciano i turisti senza fiato su San Pietro sotto di loro spalancata, si vede con nettezza come la verticale del vertice della cupola precipiti con rigorosa geometria sull'altare centrale; questo a sua volta eretto esattamente sopra il luogo in cui furono sepolti i resti di Pietro. Come uno squarcio, un taglio, una ferita fra il cielo e la terra di Roma. Fra la gran cupola rosata dominante la distesa dei tetti, e il buio antico delle Grotte vaticane e del passato. "Super hanc petram".


Questa pietra, questa e non un'altra, qui e non altrove. Perchè qui fu sepolto il primo apostolo, il prescelto, il fondatore. "Super hanc petram aedificabo", promessa non metaforica, ma assolutamente materiale. Qui la tomba, qui la Chiesa è sorta. Esattamente in quel luogo, e nemmeno un poco più in là. Straordinaria carnalità della Chiesa, ansia di incarnarsi perchè gli uomini possano vedere, e toccare. Basterebbe osservare la verticale su cui ruota l'asse della Basilica vaticana per capire quanto è lontana dal cristianesimo la parola utopia, tanto cara ai sognatori e agli sciocchi ("ou tòpos", non luogo, senza luogo).  La Chiesa che nasce ha fin da subito il suo luogo, edificata sopra quella pietra. Dopo duemila anni, è qui, ancora. Caduti tutti gli imperi, morti e dimenticati re e sovrani e tiranni, cancellati dal tempo i loro nomi sulle tombe orgogliose.
San Pietro è qui, immensa e immobile in fondo alla piazza in un'alba di giugno. Larga, imponente in ogni colonna del colonnato, come piantata per restare per sempre. Ma è in alto che occorre andare, per vedere quell'invisibile verticale dalla cupola alla profondità della terra, quella vertigine che coniuga un sepolcro e il cielo. Il centro del mondo, l'alfa e l'omega, è una pietra nel buio qui sotto. Non è una metafora, è la parola data da un costruttore: "Super hanc petram aedificabo". La promessa è lì, geometricamente, vertiginosamente innalzata."


Marina Corradi, "Prima che venga notte"

sabato 15 gennaio 2011

Ancora speranza




 "È il tuo pane, Gesù, che ci dà forza
  e rende più sicuro il nostro passo.
  Se il vigore nel cammino si svilisce,
  la tua mano dona lieta la speranza. "




Canto "Il tuo popolo in cammino"
   


   

venerdì 14 gennaio 2011

Sul riconoscersi ridicoli



Oggi era giorno prefissato per la consueta lezione di corpore sano ovvero taekwondo e dunque mi recai alla palestra sebbene non molto entusiasta. Negli spogliatoi non c'è nessuno. Comincio a farmi qualche domanda. Va bè. Sono sempre in ritardo, arriveranno tra un po'. Mi cambio e continua a non esserci nessuno. Esco e mi piazzo davanti alla sala dove ci alleniamo, dalla quale non esce nessuno. Dubbi. Beh, iniziamo sempre con 10 minuti di ritardo, potrebbe essere normale. Attendo. Intanto c'è qualcuno che ha messo su la musica di Braveheart. Alle 7.10 (la lezione inizia alle 7) busso e sbircio: non c'è nessuno. Oè! Che non mi hanno avvertito che non c'era? O hanno cambiato stanza? Aspetto altri 5 minuti, poi chiedo: sapete mica se c'è la lezione di taekwondo? Risposta: penso di sì, a noi non hanno detto niente quindi dovrebbe esserci... Ma non c'è nessuno. Mi stufo, vado negli spogliatoi, mando un messaggio perchè mi vengano a prendere, mi ricambio, vado in corridoio ad aspettare. Cammino su e giù, agitata da pensieri un po' scocciati nel corridoio dipinto di arancione. Su e giù su e giù. A un certo punto mi fermo e mi rendo conto di quanto è ridicola la situazione e scoppio quasi a ridere (e la cosa sarebbe stata ancora più ridicola se qualcuno mi avesse visto ridere così da sola). Insomma o non sono venuti per la nebbia o sono l'unica scema che non hanno avvertito. L'unica che si sono dimenticati di avvertire è proprio quella che non aveva nessuna voglia di venire in palestra e che così si becca pure la beffa. La cosa è comica!

 OO
  U

mercoledì 12 gennaio 2011

Oggi avevo bisogno di speranza







"Sono certo di contemplare la bontà del Signore 
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore."

Salmo 26, 14



Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò terrore?
Quando mi assalgono i malvagi per straziarmi la carne,
sono essi, avversari e nemici,
a inciampare e cadere.
Se contro di me si accampa un esercito il mio cuore non teme;
se contro di me divampa la battaglia anche allora ho fiducia.

Salmo 26, 1-3

Legge perfetta è libertà

"Chi fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla"

Gc 1, 25

La storia di Serafino

E così la seconda storia
che vi voglio raccontare,
è quella del pastore Serafino!
al mondo antico, chiuso nel suo cuore,
la gente del duemila ormai non crede più!
Con le pecore e un cane fedele,
tre amici sempre pronti,
nei pascoli sui monti,
a una spanna dal "regno dei cieli"
viveva felice così!



...

oh Serafino... difendi,
difendi la tua libertà! la libertà!


E libero come aria purissima
del mattino per vivere là sui monti,
ritorna Serafino!







    

venerdì 7 gennaio 2011

Ent e nomi

"Io però non vi dirò il mio nome, perlomeno non ancora". Uno strano sguardo, mezzo complice e mezzo sornione, apparve come una scintilla verde nei suoi occhi. "Innanzitutto ci vorrebbe troppo tempo: il mio nome cresce costantemente, e io ho vissuto molto, molto a lungo, perciò il mio nome è come una storia. I nomi propri narrano le vicende delle cose a cui appartengono, nella mia lingua, che voi chiamereste Vecchio Entese".

J. R. R. Tolkien, Il Signore degli anelli, Le due torri
  

mercoledì 5 gennaio 2011

Belgirate, chiesa vecchia: un pezzetto di Paradiso anche lì

Sperduto sulla cima di un paesino sul lago maggiore c'è una chiesetta abbastanza vecchia da essere considerata un luogo sfruttabile per il turismo, benchè non contenga eccezionali opere d'arte o vi si noti la mano di artisti famosi. Anzi: è tutto anonimo, probabilmente dipinto da artisti di maestranze del paese stesso o comunque di centri un po' più importanti ma vicini. è un esempio di architettura ( e pittura) rurale: in chi l'ha costruita e dipinta infatti si vedono benissimo la mentalità, la semplicità, la logica e la capacità della gente di un piccolo paese, senza maestri nè geni, ma piena di gente desiderosa di costruire una bella casa a Dio. E così bella lo è diventata: le pareti, pitturate e ripitturate presentano affreschi di epoche diverse. In tutte però emerge la stessa semplicità: i colori sono pochi, piatti e non troppo ricercati, le linee essenziali. In una scena di crocifissione i volti di Gesù, della Madonna e di San Giovanni sono dolci ed esprimono i sentimenti che, infine, tutti gli uomini, maestri o no, possono pensare fossero stampati in loro. In questa stessa scena e in un affresco ormai troppo rovinato per riconoscerlo, noto lo stesso particolare: sullo sfondo affiora il paesino stesso, quello per cui Cristo è morto sulla croce, a cui ha dato speranza e su cui veglia. Mi è sempre piaciuto questo aspetto: riconoscere e ricordarsi che Dio è nato, vissuto, morto e risorto, è interessato a tutti noi. Dietro all'altare c'è un dipinto con una Natività: spicca un re magio che si china sul Bambino con un'espressione di stupore e adorazione, di quella possibile solo a chi ha visto la Bellezza. E infine, in un angolo, c'è il meglio: un Gesù Bambino (grassottello da quanto poi mi hanno detto), assiso su una nuvola con al di sotto Maria e Giuseppe (penso) che vengono irradiati da due raggi. Il Suo Volto è così bello che mi son fermata almeno 5 minuti a contemplarlo, e non volevo staccarmene. è dolce e gioioso; calmo, sorridente ma nel contempo ripieno di gloria immensa. Sembrava dicesse: "Io vinco". Ma non con superbia: come per dire: Io vinco, non ti preoccupare, non aver paura: Io vinco.
E meno male.

sabato 1 gennaio 2011

Un nuovo inizio

La Madonna che oggi celebriamo ci protegga in questo nuovo anno, e che possa essere ricco di grazia, gioia e di quella pace che può venire solo dalla pace che la certezza di Cristo può dare. Non c'è niente di meglio del finire e l'iniziare l'anno nell'amicizia vera e con un'Ave Maria. Grazie per tutto quello che ho vissuto. Grazie per tutto quello che mi è stato dato. Grazie per tutte le volte che ti ho incontrato Signore. Se penso a quanto è lungo un anno e quante persone esistono al mondo quasi mi stupisce di come Dio trovi il tempo di incontrare me in così tanti momenti. Io inizio l'anno con la gratitudine. Ci può essere qualcosa di meglio?


Buon anno a tutti, vicini e lontani!
Con affetto prego che la Madonna vi protegga e preservi tutti, a me indispensabili, e che possiate vivere nella gioia!


Vorrei tanto scrivere qualcosa di bello che vi affascini, stupisca e entusiasmi, ma non ne ho le capacità. E allora vi voglio solo far presente che vi voglio un gran bene. Auguri!