sabato 25 dicembre 2010

L'Atteso è tra noi, è in noi, è Presente



"Oggi lo saprete:
il Signore viene.
Col nuovo giorno 
vedrete la Sua Gloria!"


Possa questa Presenza concreta darvi gioia! 
Buon Natale!

venerdì 24 dicembre 2010

"Alle nozze di Canaan viene a mancare il vino: manca la passione, l'entusiasmo per il vivere: come fare per averlo? Maria dice: fate tutto quello che vi dirà. Il Signore viene concretamente. Se lo accogli trasforma l'acqua in vino: tutto cambia."
Gesù ha affidato Giovanni alla Madonna e viceversa; la sera, quando il cuore grida la nostalgia dell'incontro chi sta vicino alla Madonna? Giovanni. Lui è la testimonianza viva di Dio, della sua Presenza, della sua cura per Lei. Così i testimoni sono la prova tangibile di Dio.
"... Fare le piccole cose come fossero grandi in forza di Gesù Cristo che le fa in noi, e fare quelle eroiche come fossero piccole, a motivo della sua onnipotenza."

sabato 18 dicembre 2010

Domenica in festa

"Eravamo poveri, ma all'imbrunire del sabato, quando appariva la prima stella, tutto parlava di festa. I nonni e i papà si radevano la barba ed era pronta la camicia bianca.
Un falso concetto di semplicità e familiarità ci ha portato in questi anni a trattare il Signore con troppa disinvoltura. La norma per molti, oggi,è giacca e cravatta per l'ufficio, e pantofole o tenuta da riposo per la domenica. Per leggere una lettura nella Messa al cospetto dell'Altissimo tutto può andare bene.
Alla domenica mi vesto da festa prima di tutto per Dio, perchè mi presento davanti a tutto il Paradiso.
La ricchezza e il benessere rendono gli uomini "festaioli", ma incapaci di essere in festa. Il mettersi a tavola, alla domenica, dovrebbe avere la caratteristica della festa. La liturgia non è un momento isolato della giornata: tutto ormai per noi dev'essere vissuto liturgicamente. Si tratta di una grande presa di coscienza sullo scopo della nostra vita. Siamo stati creati per la festa, e la domenica è segno-sacramento-anticipo della domenica senza tramonto.
Nel giorno del Signore deve avere il primato il tu-per-tu, il rapporto con Dio e con i fratelli. Questo è anche il senso della cessazione del lavoro.
Il termometro di un cristiano, di una comunità, di una famiglia, è la domenica.
Dobbiamo uscire dalla Messa con la faccia della gioia perchè abbiamo incontrato il Creatore della festa!"

Domenico Machetta, Le luci del sabato

  

martedì 14 dicembre 2010

Passato l'esame di Taekwondo!



"Tenetemi il mantello, che do un pugno a Bupalo sull'occhio.
  So usare le due mani, e non sbaglio quando picchio. "


Ipponatte, frammenti 121-122
  

mercoledì 8 dicembre 2010

L'Avvento e l'attesa



"(...) L’attesa, l’attendere è una dimensione che attraversa tutta la nostra esistenza personale, familiare e sociale. L’attesa è presente in mille situazioni, da quelle più piccole e banali fino alle più importanti, che ci coinvolgono totalmente e nel profondo. Pensiamo, tra queste, all’attesa di un figlio da parte di due sposi; a quella di un parente o di un amico che viene a visitarci da lontano; pensiamo, per un giovane, all’attesa dell’esito di un esame decisivo, o di un colloquio di lavoro; nelle relazioni affettive, all’attesa dell’incontro con la persona amata, della risposta ad una lettera, o dell’accoglimento di un perdono… Si potrebbe dire che l’uomo è vivo finché attende, finché nel suo cuore è viva la speranza. E dalle sue attese l’uomo si riconosce: la nostra “statura” morale e spirituale si può misurare da ciò che attendiamo, da ciò in cui speriamo.

Ognuno di noi, dunque, specialmente in questo Tempo che ci prepara al Natale, può domandarsi: io, che cosa attendo? A che cosa, in questo momento della mia vita, è proteso il mio cuore? E questa stessa domanda si può porre a livello di famiglia, di comunità, di nazione. Che cosa attendiamo, insieme? Che cosa unisce le nostre aspirazioni, che cosa le accomuna? Nel tempo precedente la nascita di Gesù, era fortissima in Israele l’attesa del Messia, cioè di un Consacrato, discendente del re Davide, che avrebbe finalmente liberato il popolo da ogni schiavitù morale e politica e instaurato il Regno di Dio. Ma nessuno avrebbe mai immaginato che il Messia potesse nascere da un’umile ragazza quale era Maria, promessa sposa del giusto Giuseppe. Neppure lei lo avrebbe mai pensato, eppure nel suo cuore l’attesa del Salvatore era così grande, la sua fede e la sua speranza erano così ardenti, che Egli poté trovare in lei una madre degna. Del resto, Dio stesso l’aveva preparata, prima dei secoli. C’è una misteriosa corrispondenza tra l’attesa di Dio e quella di Maria, la creatura “piena di grazia”, totalmente trasparente al disegno d’amore dell’Altissimo. Impariamo da Lei, Donna dell’Avvento, a vivere i gesti quotidiani con uno spirito nuovo, con il sentimento di un’attesa profonda, che solo la venuta di Dio può colmare".

Benedetto XVI, Angelus di domenica 28 novembre 2010

martedì 7 dicembre 2010



                "La speranza divampa!"






Una delle mie frasi preferite da "Il Signore degli anelli"

    

L'esperienza della Rivelazione


Dal mio libro di storia
"In primo luogo, l'Illuminismo mise radicalmente in crisi il concetto stesso di Rivelazione divina, dato che non riconosceva altro criterio di verità se non la ragione e l'esperienza."

Gli illuministi hanno saltato solo un minuscolo particolare: che la Rivelazione è confermata nella realtà dall'esperienza. Poverini.

Tutti i fattori non giustificano il risultato: puoi vivere una serie di circostanze perfette e bellissime e non essere felice; puoi vivere delle circostanze terribile, ma se hai Cristo essere felice.
E Cristo in ogni momento ti da di più il gusto di vivere.
Poco tempo fa un'amica mi ha scritto: "... è da sabato sera dopo la festa del Gio che ripenso alla serata e mi commuove pensare a come con voi di gs riesca a divertirmi senza fare nulla di speciale... è davvero bello il modo in cui stiamo insieme, completamente diverso da quello con cui sto con i miei amici... bom, volevo dirtelo perchè sono rimasta davvero contenta..."

giovedì 2 dicembre 2010

Carmen LXXVI, Catullo

CARMEN LXXVI (76)
Se c’è qualche piacere per un uomo a ricordare le buone azioni compiute nel passato,  quando considera di essere devoto e di non aver violato la sacra parola data e di non aver abusato in nessun patto della maestà degli dei per ingannare gli uomini, rimangono in serbo per te, o Catullo, in un lungo lasso di tempo molte gioie dopo questo amore infelice. Infatti tutto quello che gli uomini possono dire o fare di bene per qualcuno, da te è stato fatto. Ma tutto ciò è andato perduto essendo stato affidato a un animo ingrato. Pertanto perché ormai dovresti tormentarti ancora? Perché non ti rinfranchi nell’animo e non ti ritrai da tutto ciò poiché gli dei non vogliono non smetti di essere infelice? È difficile liberarsi d’un tratto da lungo amore, è difficile, ma devi farlo in qualunque modo: questa è la sola salvezza, in questo devi stravincere, questo devi fare, che sia impossibile o possibile. O dei, se è vostra prerogativa avere compassione, o se mai avete recato aiuto a qualcuno all’ultimo momento, ormai proprio in punto di morte, volgete il vostro sguardo su di me infelice e se ho condotto la vita con purezza strappate da me questo male e questa rovina che insinuandosi come una paralisi nel profondo delle membra ha cacciato completamente dal mio cuore la gioia. Non chiedo più che ella mi ami contraccambiandomi oppure, cosa che non è possibile, che voglia essere virtuosa: desidero stare bene io e liberarmi di questa orribile malattia. O dei fatemi questa grazia in cambio della mia devozione.

Un piccolo riassunto della storia: Catullo, dopo aver amato Lesbia con tutto il suo cuore venendo contraccambiato è stato da lei tradito e abbandonato. Lesbia non vuole più saperne di lui, ma lui non riesce a smettere di amarla benchè ci provi con tutte le sue forze e la sua ragione cerchi di convincere il suo cuore a smettere di pensare a lei.
A parte la mentalità originale di Catullo e alcune sue concezioni legate ancora al mos maiorum (il costume degli antenati e cioè la tradizione) ci sono molte cose che mi hanno colpito. In ordine: 
gli dei vogliono che tu smetti di essere infelice.
O dei volgete lo sguardo su di me infelice (inserito nel suo contesto): Catullo si accorge che da solo non ce la fa. Non riesce a dimenticare Lesbia, a essere felice. Da solo non ci riesce. Eppure i suoi ragionamenti non fanno una piega: ti ha tradito, ti ha lasciato: dimenticala! E così intanto la ragione da sola non può far nulla. E Catullo riconosce che l'unica sua salvezza sono gli dei. Lui, uomo con tutti i suoi limiti, non riesce a essere felice in questo tempo. E perchè Catullo si convince che ha bisogno del loro aiuto?
Per convenienza. Il motivo per cui i cristiani (veri) sono diventati tali. Desidero stare bene io. Nella vita c'è in gioco la mia felicità. Quando parto da questa considerazione comincia la mia salvezza. Che naturalmente è operata attraverso gli altri e per gli altri.
L'Invocazione di Catullo: il desiderio della salvezza e forse l'inizio della consapevolezza del Tu che mi fai (ma non voglio esagerare)
   

Sullo studio

Vado a scuola da 12 anni. E in 12 anni non ha ancora capito che cos'è. E' un piccolo problema, no?
In questi tempi ho avuto molte verifiche e mi sono ridotta a preparare una interrogazione di latino in 2 giorni. Una cosa un tantino angosciante per gli studenti del liceo classico di Biella. Ieri dunque ero alla guerra con i Carmen Catulliani (misér Catùlle dèsinàs inèp-tiiiiire). Non è facile studiare 25 pagine di appunti in tre ore e quindi a un certo punto mi sono fermata. Ho fissato lo sguardo sul muro. E mi son detta:  ignorante. Lasciamo stare tutti i discorsi: devi studiare volta per volta, non accumulare, appassionati a quello che studi (AVANTI, VOGLIO CHE CHI SI è MAI APPASSIONATO DI CATULLO MI SCRIVA SUBITO UN COMMENTO CON UNA MOTIVAZIONE VALIDA!!!). In tutta la mia mente rimbombava un unico enorme pensiero: hai perso un'occasione. Hai perso un'occasione. "Homo sum: humani nil a me alieno puto (questo è Terenzio). Comprendere e conoscere: anche questo l'animo umano desidera, perchè il conoscere di più lo avvicina all'Infinito. Ho perso un'occasione per la vita.
  

Suicidio

"Il suicidio non è solo un peccato, è il peccato. È il male supremo e assoluto, il rifiuto di qualsiasi interesse per l’esistenza, il rifiuto di prestare fedeltà alla vita. L’uomo che uccide un uomo, uccide un uomo. L’uomo che uccide se stesso, uccide tutti gli uomini: annienta il mondo. Il suo gesto è peggiore (dal punto di vista simbolico) di qualsiasi stupro o attentato dinamitardo. Perché distrugge tutti gli edifici ed offende tutte le donne. Il ladro è appagato dai diamanti, il suicida non lo è: questo è il suo crimine. Non si lascia corrompere nemmeno dalle pietre sfolgoranti della Città Celeste. Il ladro esalta gli oggetti che ruba, se non il loro proprietario. Ma il suicida insulta tutto ciò che esiste al mondo non rubandolo. Rifiutando di vivere per amore di un fiore, guasta tutti i fiori. In tutto l’universo non c’è una sola creatura minuscola per la quale la sua morte non sia una beffa. Quando un uomo s’impicca a un albero, le foglie potrebbero cadere incollerite e gli uccelli volare via furiosi, poiché ognuno di essi ha ricevuto un affronto personale". (pag 102)

"Il fatto di seppellire il suicida separato dagli altri defunti ha un significato. Il crimine di quell’uomo è diverso dagli altri crimini, perché rende impossibili persino i crimini". (pag 103)

"Il suicida, ovviamente, è l’opposto del martire. Un martire è qualcuno che ama così tanto qualcosa che sta fuori di lui da dimenticare la propria vita. Il suicida è un uomo che ama così poco qualsiasi cosa stia fuori di lui da desiderare di vedere la fine di tutto. Il primo vuole che qualcosa cominci, il secondo vuole che tutto finisca. In altre parole, il martire è nobile, proprio perché (per quanto rinunci al mondo o detesti tutta l’umanità) confessa questo estremo legame con la vita e pone il suo cuore fuori da se stesso: muore affinché qualcosa possa vivere. Il suicida è ignobile perché non possiede tale legame con l’esistenza: è un semplice distruttore, personalmente distrugge l’universo". (pag 103)

Ortodossia, G. K. Chesterton